LA MTB OLYMPIA F1 SUL CAMPO BASE DELL’EVEREST?! MA CHI CE L’AVRÀ MAI PORTATA?

Solo un Comicista, comico (molto) ciclista (poco) come Paolo Franceschini, poteva avere un’idea così strampalata. Rientrato da poco in Italia (ha ancora i vestiti ad asciugare), l’abbiamo incontrato per farci raccontare quest’avventura strana e incredibile.

Paolo, da dove vuoi iniziare a raccontarti?
Prima di tutto ringrazio la bici Olympia F1 per la sua leggerezza dato che per la stragrande maggioranza del tempo è salita lei sulle mie spalle piuttosto che io sulla sua sella… credo di aver pedalato 100 km su 300 circa percorsi. Non avrei voluto in quel momento nessun’altra bici leggera in carbonio.

Come affronti da comico la bicicletta?
In realtà anche se poco ciclista e molto comico sono davvero serio quando affronto i viaggi in bicicletta. La prima gara che ho fatto è stata nel 2017 e sai com’era il percorso? Non di certo Ferrara-Nonantola ma semplicemente lungo la Catena Montuosa Himalayana.
Da qui è iniziata la mia carriera del Comicista e il mio amore per quel territorio e le popolazioni, che con dignità e fierezza, vivono quasi in simbiosi con il loro ambiente.

Paolo Franceschini Olympia F1

Raccontaci in cosa consisteva la tua sfida.
Ho contrassegnato la mia sfida con l’hashtag – creato dal mio amico Daniele che mi ha accompagnato in quest’avventura – #Sisipuòfare, un claim che più volte nella vita ho utilizzato senza rendermene conto.
La sfida consisteva nel raggiungere il Campo Base dell’Everest in bicicletta e fare il mio spettacolo comico-sostenibile. È stato il più alto del mondo (5270 metri sul livello del mare). Ora sto aspettando la certificazione dalla “Guinness World Records”.

Fantastico! Insomma ce l’hai fatta…
Sì ce l’ho fatta e ti assicuro che non è stata una passeggiata. Prima di tutto perché è un percorso non adatto alle bici e poi più si sale, più diminuisce l’ossigeno e aumenta la fatica. Tutte cose delle quali eravamo consapevoli.
Abbiamo dormito in lodge dove non c’era riscaldamento e di notte si andava sotto zero. Il tempo cambiava repentinamente e la pioggia non ci ha di certo risparmiato. A volte anche la neve. È stato un percorso bellissimo.
Ero stra-felice sui brevi tratti in cui riuscivo a pedalare e sussurravo alla mia fida Olympia di resistere perché ce l’avremo fatta.

E la popolazione come ti ha accolto?
Erano molto spassosi gli sguardi increduli e stralunati di tutte le persone che incontravamo. Si stropicciavano gli occhi perché non gli sembrava vera una cosa del genere.

Il momento più bello del viaggio?
L’eccitazione: straordinaria e preziosa. E poi potermi esibire lassù, pensando di essere stato il primo al mondo a fare una cosa del genere. Mi sono esibito in vetta davanti a un pubblico eterogeneo (italiani, nepalesi, indiani, israeliani e neozelandesi). Tra questi anche Kami Rita Sherpa, Guinness World Recordman di scalate sull’Everest, che dopo lo spettacolo è ripartito per la sua 23ª ascesa.

Ma il bello doveva ancora arrivare…
Eh sì! Perché nella seconda parte del nostro percorso, dall’Everest alla capitale Katmandu, abbiamo perso il contatto col mondo e rischiato seriamente di perderci. Ci era stato assicurato che in 3 ore saremmo dovuti arrivare al villaggio di Khari Khola (2.070 m), un insediamento di Sherpa e Tamang dove ci aspettavano le jeep. Peccato che in alcune zone del Nepal non esistono strade ma sentieri a strapiombo di pietre, sassi appuntiti, radici e fango che si possono percorrere solo con gli asini o con le proprie gambe.

Come hai superato i momenti più difficili?
Per trovare la forza e mantenere la calma è stata fondamentale la mia esperienza spirituale. Quando ero tanto stanco da non farcela cantavo, era importante distrarre la mente per riuscire a proseguire.
Insomma alla fine siamo arrivati alle jeep ma anche qui ci sono stati diversi contrattempi: un fiume in piena da attraversare e le jeep, che dovevano essere tre, e poi una è sparita. Insomma è stata un’esperienza davvero arricchente.

Cosa ti è rimasto di tutto questo?
Mi son portato a casa l’idea che noi possiamo essere ciò che vogliamo essere. Sono maturato sul possibilismo, su come tante chiusure dettate dalla non conoscenza e dal non volere ci possano limitare. Infine ho imparato il potere della meditazione, centrarsi con se stessi e utilizzare in maniera intelligente le forze.

Giusto qualche giorno per “asciugare i vestiti” e ora Paolo il Comicista è già in sella alla sua bicicletta Olympia. Il suo spettacolo sostenibile è iniziato quest’anno e lanciato dalla trasmissione di radio2 Caterpillar. “M’illumino di meno” ha un palco illuminato solo da fari di biciclette e promuove lo sviluppo sostenibile.

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